Sanità, volontariato, guerra: il ruolo della donna
Raccolta di versi
Raccolta di versi che i soldati della Terza Armata Italiana dedicano a tutte le crocerossine...
L’ospedale noi, ultimi, stiam per lasciare!
Da bravi soldati anche il male abbiamo saputo fugare.
Puoi togliermi la fasciatura: la piaga richiusa s’è già!
Lo vedi? La gamba è un po’ dura, si zoppica, sì, ma si va!
Si va con un po’ di rullio! Sorella, non esserne afflitta!
Sai bene: se zoppo son io, la Vittoria camminò dritta
I versi iniziano con una chiara trasposizione della logica militare e del sacrificio per la patria: alla sofferenza individuale (il soldato esce zoppo dall’ospedale) che i soldati condividono tra loro, e con le infermiere, è opposta l’idealizzazione della Vittoria.
Nei versi la figura della donna continua a richiamare quella materna
E se, chissà quando, vedrai per strada, un, che zoppo, cammina,
tu “il mio ferito” dirai, io dirò “la crocerossina”.
E mi ricorderò che, quand’ero febbrile e col viso di fiamma,
e col labbro e più col pensiero chiamavo – e non c’era – la mamma,
tu sempre mi stavi vicino e non mi lasciavi mai solo,
e mi mormoravi pianino: “Coraggio, coraggio, figliolo!”
Candore e militarismo: i versi parlano di candida bontà della donna, riconoscendole, però, al contempo la qualifica di soldato
E mentre parlavi, nel cuore mi entrava serenità,
e mi rinfrescava il candore di quella tua grande bontà.
Eh! S’è lavorato! Io con queste mie mani che picchiano bene,
e tu, nelle corsie meste sì piene, talvolta, sì piene,
da creder che tutto il patire che al mondo patire si può, oh! fosse andato a finire là dentro, per sempre.
Ma no, che c’era da dare ancor tanto di sangue e di vita; e s’è dato!
Tu vedevi, ma non hai pianto, perché anche tu eri un soldato.
…e dedicano in particolare al supremo esempio di assistenzialismo professionale: Elena d’Aosta
O forse tu hai pianto in segreto, allora che un piccolo fante esangue moria mansueto,
pensando alla casa distante. Ché tu sei la buona sorella, non solo di noi che risorti
or siamo a una vita novella, ma sei la sorella dei morti.
La croce che, sulla divisa tua bianca, il dover ti segnò,
or dentro al tuo cuore s’è incisa e più cancellar non si può,
ricordo santissimo e mesto di quei che non tornano più, o crocerossina che presto sarai congedata anche tu!
Ma prima di andartene, ascolta: oh! porta il mio caldo saluto a Quella che più
d’una volta vicino al mio letto ho veduto, e dille: Duchessa d’Aosta, più bella d’ogni altra Corona
è quella che Tu ti sei posta sul capo, all’esser sì buona!
Uscita dall’aule ducali vivesti quattr’anni per noi! Gli innumeri nostri ospedali,
Duchessa, divennero Tuoi.
Riposo? Riposa il dolore? Ah! fin che il dolor non ha sosta, finché c’è chi soffre e chi muore,
non posa chi ha nome d’Aosta! Hai dato un’altissima prova del puro regale Tuo sangue,
ché, se nobiltà non s’innova nell’opra, scolorasi e langue!
Uscito dal grande lavacro
di glorie, d’angosce e di pianti, io, popolo, ti riconsacro, Duchessa d’Aosta e dei fanti.
Per quanto mobilitate le donne rivelano, in alcune testimonianze, uno sguardo capace di contrastare la narrazione unica e dominante della guerra. Come spesso accade le donne mettono in atto particolari forme di resistenza, opposizione o sottrazione alla logica della mobilitazione totale tipica della guerra o della gestione emergenziale delle catastrofi. Perciò è interessante vedere come viene descritta la ritirata che segue la disfatta di Caporetto nel racconto di una «crocerossina».
Si procedeva fra colonne di fumo e ora qua, ora là ne balzavano fiamme vive che arrossavano tutto attorno sanguinosamente. Bruciavano gli enormi hangars del campo di aviazione che attraversavamo; certi erano già distrutti, parevano scheletri di animali antidiluviani. A terra avanzi di dirigibili sembravano resti pietosi di uno sforzo grandioso. I cavalli, sia per il fuoco e il fumo, sia per lo spettacolo continuamente mutevole, parevano temere di procedere, o a tratto si slanciavano come per superare violentemente un terrore.
[di Somma, 1918a, p. 61]
Da: Bartoloni S., La «Santa Milizia». Le infermiere raccontano la Grande guerra, in La camera blu n° 20 (2019) / Sexist stigmas and genderism